Il potere nella scuola. Ovvero: chi decide cosa e perché?

di Elena Esposito

Il confronto sulla parola-chiave potere ha stimolato nel gruppo approfondimenti da diversi punti di vista, che per semplificare, si possono raggruppare in due ampi aspetti:a) il potere istituzionale, determinato dalle leggi, che affidano alle persone, che lavorano o utilizzano la scuola (…funzionari, dirigenti, insegnanti, ATA, genitori, alunni…), la possibilità di decidere o meno nei vari ambiti. Si tratta di una fetta di potere, questa, sulla quale le possibilità di cambiamento sono spesso difficili e piuttosto lontane da noi.b) il potere sotterraneo, determinato dalle relazioni che si vivono all’interno della scuola, e che viene di solito riconosciuto e tramandato per consuetudine, finché non si modificano le relazioni tra le persone. Si mescola questo aspetto anche con l’ambito della relazione didattica.Questa riflessione si sofferma sul primo punto, sottolineando, però, il fatto che gli aspetti normativi hanno una ricaduta enorme sulle relazioni, che si costruiscono tra le persone, e che quindi i due aspetti sono fortemente intrecciati.Lavorando come insegnante elementare, naturalmente riporto in queste pagine situazioni e termini calibrati su tale ordine di scuola – che comunque, nella maggior parte dei casi, probabilmente ricalcano le situazioni degli altri ordini – apportando le modifiche necessarie.

Rispetto, dunque, al potere istituzionale, è indispensabile riuscire a conoscere e capire come funziona, perché ciascuna persona possa, secondo le sue competenze e la sua volontà, esercitare, in modo consapevole e democraticamente, la parte di potere che gli spetta.

Per esempio, in una situazione concreta come la formazione delle classi prime (elementari, medie o superiori), è utile aver chiaro a chi spetta, per legge, il potere di decidere come suddividere gli alunni, a chi spetta la formulazione dei criteri per farlo, a chi ne spetta il controllo; il tutto in modo da poter intervenire, secondo il proprio ruolo, per evitare situazioni discriminanti, come classi parallele del tutto sproporzionate perché troppo omogenee rispetto alle condizioni economico-sociali delle famiglie o ai livelli di rendimento degli alunni (classi – “rusco” e classi – “pierini”). Occorre, quindi, che ciascuno abbia più consapevolezza possibile della realtà in cui opera, delle leggi che la fanno funzionare, delle proprie possibilità di influire.

Per stimolare la riflessione, propongo una bozza di risposta a questi interrogativi, seppure incompleta.

MA… come è possibile esercitare il proprio potere con modalità democratiche, cercando di influire sulle decisioni? E ANCORA… quali sono gli ambiti decisionali che maggiormente determinano la fisionomia della scuola, ai quali quindi è più urgente cercare di essere attenti?Per riuscire ad esercitare il proprio potere, è importante avere chiaro quali organi hanno il potere nella scuola, a livello CENTRALE e LOCALE, e quali sono le loro competenze.

IL POTERE ISTITUZIONALE CENTRALEA livello di potere istituzionale, gli ambiti decisionali che condizionano – determinano maggiormente tutte le scelte delle scuole, a mio parere sono:a) LA QUANTITÀ DI FINANZIAMENTI che può ricevere una scuola … e PER QUALI VIE può accedervi;b) IL NUMERO DEGLI INSEGNANTI ( l’organico ) assegnati ad ogni scuola.Mi pare evidente che la possibilità per una scuola di attuare proposte di qualità, dipenda in gran parte dalla quantità di fondi di cui può disporre.I tagli operati sulla scuola pubblica, da molti anni a questa parte, l’hanno gradualmente messa in una posizione di sempre maggiore difficoltà.Inoltre il fatto che una scuola possa accedere a fondi di capitoli vari, ministeriali o regionali, attraverso la presentazione di progetti, induce le scuole a presentare un determinato progetto per accedere a fondi, che vengono offerti solo finalizzati a quel genere di attività, e non sempre partendo da un reale bisogno. Poi, una volta approvato il progetto, la scuola deve comunque vincolare quel denaro a quel progetto.È evidente come la fisionomia della scuola sia stata determinata da chi offre fondi, e non da chi costruisce o usa quotidianamente la scuola.Altrettanto chiaro può risultare il fatto che la qualità di una scuola sia data anche dal numero di insegnanti di cui dispone: disporre, per esempio, di insegnanti distaccati, che gestiscono laboratori o altro, è una risorsa enorme; consente la realizzazione di attività, che altrimenti sarebbero portate avanti molto più faticosamente o non verrebbero neppure progettate.Avere più o meno insegnanti di sostegno, va a vantaggio, o meno, non solo degli alunni certificati, ma sicuramente delle intere classi che li accolgono.E ancora, un adeguato rapporto “numero degli insegnanti – numero delle classi”, non solo consente, per esempio, il mantenimento del tempo pieno o prolungato, ma garantisce anche la possibilità di avere compresenze di insegnanti sulle classi: risorsa molto preziosa per l’individualizzazione delle attività e, in generale, per la qualificazione della didattica.Gli esempi potrebbero essere numerosi.

I tagli all’organico operati dalla Finanziaria 2002, che sono piombati pesantemente su tutte le scuole, sono una evidente esasperazione di questo concetto: ci saranno scuole che accorperanno classi poco numerose, o che ridurranno il tempo – scuola, oppure ancora che cercheranno di “razionalizzare le loro risorse”, diminuendo le compresenze.

Ci si rende conto facilmente quanto sia pesante, per chi vive nella scuola, il non potere influire su questo genere di decisioni; quanto diventi sempre più difficoltoso cercare di costruire una didattica di qualità, che valorizzi “l’apprendere – facendo”, che sia attenta alle relazioni, …Inesorabilmente, tutte le scelte, che a livello di potere istituzionale centrale vengono portate avanti, sembrano avere come unico obiettivo il risparmio di denaro: si sgretolano lentamente i presupposti di una reale qualificazione della scuola pubblica.

IL POTERE ISTITUZIONALE LOCALECi sono, poi, organi di potere più vicini a noi, che ci coinvolgono quotidianamente, dei quali noi stessi facciamo parte, come insegnanti, genitori, collaboratori, etc.: chiediamoci in che misura ed in che modo determinano la struttura di una scuola e come potere utilizzarli per la realizzazione di proposte di qualità.

IL DIRIGENTELa trasformazione dei presidi e direttori didattici in dirigenti, ha modificato qualche aspetto del potere e delle responsabilità che essi si trovano ora in mano, nella direzione di un pericoloso accentramento. Diminuisce la democrazia, aumenta la necessità di agire esplicitamente per difendere gli spazi di “libertà”, di “rapporti paritari”, di “autonomia”… E anche la necessità di opporsi apertamente, manifestare posizioni di dissenso,… dove è utile.GLI ORGANI COLLEGIALI:Consiglio di Istituto / Collegio dei DocentiLa possibilità di decidere sulla gestione del denaro conferisce maggiore o minore potere ai vari organi.Prendo in considerazione i due organi collegiali che hanno dalla normativa il potere di deliberare.Il Collegio dei docenti esprime un parere e delibera sull’aspetto educativo, didattico, organizzativo della scuola. Poi il dirigente presenta al Consiglio di Istituto le questioni organizzative e quelle che comportano la gestione del denaro del fondo di istituto.È il Consiglio di Istituto, quindi, che può avere la parola finale su molti aspetti educativi, didattici, organizzativi. Per esempio approva o meno i progetti, che gli insegnanti presentano. Questi pur coinvolgendo direttamente l’aspetto educativo e didattico, hanno, infatti, anche un aspetto economico fondamentale. Esso, inoltre, deve approvare la proposta del Collegio sull’utilizzo del fondo di istituto.E’ evidente, perciò, l’importanza che assumono sia le competenze individuali dei consiglieri, sia la linea di politica – economica che prevale all’interno del Consiglio d’Istituto, cioè le finalità, esplicite o taciute, che dirigono le scelte. Tali finalità potrebbero non essere in sintonia con quelle del Collegio, comunque più competente in scelte didattiche-educative.

In questo periodo si parla anche di proposte di riforma degli organi collegiali: anche questa legge darà una sua impronta alla democrazia nella scuola. La proposta del governo appare decisamente restrittiva, in questo senso: gli organi collegiali erano stati contestati , quando sono nati, come poco democratici, ora la tendenza pare quella di diminuirne ulteriormente la rappresentatività! Inoltre, tale proposta sembra orientata ad inserire nel Consiglio d’Istituto “tecnici”, magari esperti, ma esterni alla scuola, che potrebbero gestirla, per loro differenti competenze, secondo finalità meno pedagogiche-didattiche e più economiche- di mercato.Per migliorare la scuola sarebbe, invece, opportuno dare la possibilità agli insegnanti, agli studenti, alle loro famiglie, agli ATA, di partecipare e di intervenire sulla gestione della scuola: aumentare la rappresentatività di queste componenti all’interno degli organi collegiali; aumentare il potere degli organi collegiali più rappresentativi, per esempio, il Collegio dei docenti, anche annullando il potere centrale dei dirigenti; dare un ruolo più significativo agli organi collegiali solo consultivi, per esempio i Consigli di Interclasse.In ogni caso, è utile che sia gli insegnanti, sia gli altri lavoratori della scuola, sia le famiglie, sia gli studenti, sfruttino il potere che hanno, dal momento che fanno parte di tali organi collegiali, i quali garantiscono, sebbene con molti limiti, una forma di democrazia.È importante prestare attenzione e partecipare attivamente agli aspetti organizzativi, amministrativi, gestionali, ponendosi sempre come obiettivo ultimo la qualità della scuola, nell’interesse di chi la usa e di chi vi lavora. Per esempio:a) partecipare attivamente, non stancandosi mai di esprimere il proprio parere e le proprie proposte;b) prima di affrontare un incontro che prevede decisioni importanti, prepararsi e condividere le opinioni, discutendone con i colleghi, o anche con i genitori, in spazi creati appositamente;c) incentivare i momenti di collegialità, incontro, partecipazione, scambio, condivisione, per arrivare sempre più spesso a decisioni condivise;d) sollecitare la votazione, perché le delibere rendano efficaci ed attualizzabili le discussioni; infatti la votazione, da una parte, dà la possibilità di esprimere il proprio parere a tutti, anche a coloro che non hanno avuto il coraggio o il tempo di esprimersi nella discussione, dall’altra, garantisce la realizzazione delle scelte. Invece, per esempio, discutere durante un collegio, senza poi deliberare, lascia aperta la possibilità che il dirigente decida secondo criteri propri;

e) disobbedire, in casi gravi, con motivazioni serie e credibili, alle delibere che danneggiano pesantemente le persone.

Esercitare il proprio potere istituzionale, non è certo l’unica strada, né forse la più efficace, per lavorare verso il miglioramento della qualità della scuola ( finalità, che continuamente emerge in questa riflessione). Sia come insegnanti, che in altri ruoli, è sicuramente importante anche agire consapevolmente sul piano delle relazioni interpersonali, che offrono possibilità originali e creative di cambiamento.

Quaderno CESP n. 1. La scuola: prove di resistenza
Atti del seminario di auto-aggiornamento tenuto il 16 maggio 2002 presso l’ITIS Belluzzi di Bologna.
A cura di Gruppo Scuola del Bologna Social Forum e CESP – Centro Studi per la Scuola Pubblica, Bologna

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