Memorie smarrite: Lumumba, chi era costui?

di Mario Zamponi

A 42 anni dalla sua morte forse non molti si ricordano di Patrice Lumumba,il leader nazionalista del Congo, assassinato il 17 gennaio 1961, pochi mesi dopo l’indipendenza del suo paese avvenuta il 30 giugno 1960.

Perché ricordarsi di Lumumba nel giorno della memoria? Perché la memoria dei tragici avvenimenti che sconvolsero il Congo in quegli anni non è soltanto ripensare alle vicende di un paese che, ancora oggi, ci appare lontano e ignoto, ma significa ripercorrere una pagina buia della storia internazionale, una pagina difficile di quella decolonizzazione che aveva acceso tante speranze di riscatto per i popoli colonizzati e aveva fatto pensare alla costruzione di una fase nuova della storia dell’umanità. Al tempo stesso il martirio di Lumumba è anche l’emblema di come tante aspettative siano andate ben presto fallite, della grande disillusione che il post colonialismo ha portato in Africa.

Ripensare a questa vicenda, ripercorrendo le orme dell’artista zairese (congolese) Tshibumba che con i suoi quadri racconta la storia vissuta del suo paese, ci consentirebbe di ridiscutere del nostro ruolo di colonizzatori, di ripensare al colonialismo, in particolare a quello italiano mandato frettolosamente in soffitta. Un colonialismo che per gli africani rappresentò la perdita della libertà e del sapere. Una perdita che porterà a considerare i popoli colonizzati come popoli senza storia.

La storia coloniale e i processi di decolonizzazione ci parlano anche della speranza di emancipazione e di riscatto rappresentata dall’ideale dell’unità nazionale, che avrebbe finalmente trasformato i sudditi in cittadini, incarnata in leader come Lumumba ma che sarà annientata dal tradimento. Così come per Banza Congo (il re del Kongo) tradito dai bianchi che egli aveva accolto nel suo regno, così fu per Lumumba, tradito e assassinato perché sgradito ai poteri forti del momento, ma anche per lo svedese Dag Hammarskjöld, allora segretario delle Nazioni Unite morto il 18 settembre 1961 in un incidente aereo le cui dinamiche non sono mai state chiarite (un altro nome importante per la storia di tutti noi, ma di cui pochi ne hanno memoria).

Il Congo ci racconta un’esperienza traumatica della decolonizzazione: quella di un paese ricco di risorse naturali – un vero e proprio “scandalo geologico” secondo alcuni – su cui si scatenarono tutte le tensioni internazionali e della guerra fredda. Lumumba, definito dallo studioso belga Willame “profeta disarmato”, aveva dalla sua parte soltanto il suo carisma e la volontà di riscattare il suo popolo dalla sottomissione coloniale, aveva contro però una vasta coalizione di interessi capeggiati dal capitale internazionale. Il discorso che egli pronunciò il giorno dell’indipendenza segnò la rottura con tutti i potenti. Alla presenza del re Baldovino del Belgio (l’ex potenza coloniale) egli iniziò il suo discorso indirizzandosi non al re e alle altre personalità ma direttamente “ai congolesi e alle congolesi, ai combattenti per l’indipendenza”. E proseguì dicendo: “abbiamo conosciuto gli insulti, i colpi che abbiamo dovuto subire mattino, mezzogiorno e sera perché eravamo dei negri” e continuò ricordando lo sfruttamento coloniale del suo paese, per concludere affermando che “tutto ciò era finito” e che stava per iniziare “una nuova lotta, una lotta sublime che porterà al nostro paese la pace, la prosperità, la grandezza” e che avrebbe messo fine a “qualunque tipo di discriminazione”.

Ma la storia è andata in modo diverso. Lumumba affermava che “l’Africa un giorno riscriverà la propria storia”. È passato giusto un secolo da quando nel 1899 Joseph Conrad scriveva Cuore di tenebra. Eravamo allora agli inizi dell’occupazione coloniale dell’Africa: la Société Anonyme Belge del re Leopoldo II si stava avventurando alla scoperta di quella che diverrà poi la colonia del Congo belga. Le parole di Conrad non fermarono il colonialismo e lo sfruttamento del continente africano. Oggi, dunque ricordare la storia del Congo e di Lumumba è un modo per partecipare anche noi, con la nostra memoria, a questa riscrittura.

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